Forse… non solo il cibo fa ingrassare.

Aumento del peso? Oltre al cibo, gli interferenti endocrini?

Sono decenni che si osserva un progressivo deterioramento delle condizioni metaboliche generali della popolazione, con importanti emergenze quali il diabete, l’obesità e le problematiche che ne derivano, ad esempio quelle cardiovascolari.

Un aspetto drammatico di questo quadro risiede nel fatto che ciò non colpisce soltanto gli adulti, ma ad esempio lo sviluppo dell’obesità si verifica con alti tassi anche nei bambini.

Il consumo di cibi ad alta densità calorica associato ad una sempre più diffusa sedentarietà non è sufficiente a spiegare né la grandezza né la rapidità del fenomeno, così che l’attenzione si è spostata sulla ricerca di altri fattori che possano interferire con l’omeostasi energetica ed un possibile colpevole è stato identificato nell’esposizione ad inquinanti chimici.

Nei tempi moderni la chimica è diventata un essenziale componente della vita quotidiana, ma purtroppo abbiamo scoperto che molte sostanze chimiche che pure facilitano molti aspetti della nostra esistenza possono risultare estremamente dannose per il nostro organismo.

Queste sostanze sono state definite “Interferenti Endocrini” o più drammaticamente in inglese “Endocrine Disrupting Chemicals”, il fatto che la definizione faccia riferimento all’endocrinologia, significa che in qualche modo le sostanze chiacchierate hanno a che vedere con un’attività ormonale.

Ricordiamo che gli ormoni nell’organismo umano hanno un ruolo di primaria importanza nel regolare, con meccanismi estremamente precisi, lo sviluppo, la crescita, la riproduzione, il metabolismo, il sistema immunitario e mille altri aspetti (neurologico). Quindi per essere banali possiamo affermare che queste sostanze interferiscono (in italiano) o sconvolgono (in inglese) questa sofisticata attività regolatoria e di controllo del sistema ormonale.

Facciamo un po’ di storia.

All’inizio degli anni ’40 si cominciò a produrre una sostanza non steroidea ad attività estrogenica, il Dietilstilbestrolo (DES), che veniva somministrato alle donne incinta allo scopo di evitare alcune complicanze della gravidanza, come l’aborto spontaneo. Nel 1971 venne chiaramente dimostrato che il DES era responsabile dell’insorgenza di un raro tumore vaginale oltre che di complicazioni riproduttive e di infertilità e che ciò avveniva quasi esclusivamente nelle figlie di donne sottoposte a terapia con DES, quindi con una esposizione in utero. Lo stesso anno ne venne proibito l’utilizzo e la produzione.

Cosa sono quindi gli interferenti endocrinologici?

Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) si tratta di sostanze esogene (esterne all’organismo) o di una miscela di sostanze in grado di alterare le funzioni del sistema endocrino con conseguenti danni  su un organismo sano e la sua progenie.

Sempre secondo l’OMS la stragrande maggioranza degli EDC sono frutto dell’opera dell’uomo che li ha sviluppati per la produzione di pesticidi, additivi in vari materiali, materie plastiche, che sicuramente sono stati studiati per migliorare la vita umana ma che presentano purtroppo un risvolto dannoso.

Quale tipo di esposizione?

L’uomo è esposto a questi composti attraverso molteplici vie incluse:

  • Inalazione (polveri e gas)
  • Ingestione (cibo e acqua)
  • Iniezione (farmaci e medical devices)
  • Contatto transdermico (cosmetici e prodotti per la cura personale)
  • Esposizione transplacentare

 

Quali sono i meccanismi d’azione degli interferenti?

Nonostante alcuni meccanismi siano ancora da chiarire sicuramente un interferente endocrino è in grado di mimare parzialmente o interamente un ormone fisiologico come un estrogeno o un androgeno o un ormone tiroideo sostituendosi ad esso nel legame con il recettore naturale alterando in tal modo in vivo la risposta che normalmente si avrebbe se il legame avvenisse tra recettore ed ormone naturale.

Un meccanismo ancor più sofisticato sembrerebbe risiedere nella capacità degli interferenti nel modulare geneticamente o epigeneticamente alcuni processi di differenziazione, cosa che avverrebbe ad esempio nel passaggio da Cellula Staminale Mesenchimale ad adipocita.

In condizioni di eccesso calorico la massa grassa si espande attraverso l’ipertrofia e l’iperplasia delle cellule adipose (adipociti) che vengono reclutati ex novo per differenziazione dalle Cellule Staminali Mesenchimali (CSM)

Ma tali cellule (CSM) sono in grado di differenziarsi anche in miociti (cellule dei muscoli) osteoblasti (cellule dell’osso) e condrociti (cellule della cartilagine) oltre naturalmente che in adipociti. Sembrerebbe che alcuni interferenti siano in grado di spingere la differenziazione prevalentemente verso gli adipociti contribuendo cosi allo sviluppo di malattie metaboliche. Inoltre gli adipociti del tessuto grasso giocano un ruolo centrale nel regolare e controllare l’omeostasi energetica immagazzinando calorie quando siamo in eccesso o mobilizzandole quando ce n’è bisogno. Gli interferenti possono sconvolgere questa attività regolatoria disturbando il metabolismo energetico che alla fine porta allo sviluppo di diabete, dislipidemia e problemi cardiovascolari.

Quali sono gli interferenti endocrini?

Ovviamente la lista è lunghissima ed è impossibile descriverli tutti, proviamo solo a citare i più comuni:

  1. Alchilfenoli
  2. Diossine
  3. Derivati del fenolo (BPA)
  4. Pesticidi
  5. Ftalati
  6. PCB (policlorobifenili)

che si trovano principalmente in:

  1. Pesticidi (DDT, atrazina, glifosato)
  2. Prodotti per l’infanzia (Ftalati)
  3. Materiali per cibi (BPA, Ftalati e Fenoli)
  4. Elettronica (PCB)
  5. Prodotti per la cura della persona (Ftalati e Parabeni)

BPA (Bisfenolo A)

Si tratta di un composto utilizzato nella produzione di plastiche (soprattutto policarbonati) e di resine epossidiche.

Prodotto in origine come estrogeno sintetico, come il Dietilstilbestrolo, il BPA è uno degli interferenti più prodotti al mondo, si ritrova nei prodotti per uso alimentare quali: bottiglie, biberon, stoviglie di plastica e come componente di resine epossidiche nei rivestimenti interni delle lattine.

Ovviamente la sua pericolosità risiede nella sua dispersione nell’ambiente e nella sua migrazione ad esempio nei cibi contenuti in recipienti che contengono BPA. Migrazione che è funzione ad esempio della temperatura.

L’esposizione primaria al BPA per l’uomo si pensa sia per ingestione, anche se la via trans dermica ed inalatoria non siano trascurabili. Per quanto riguarda l’ingestione quella ritenuta più significativa riguarda l’assunzione di cibi inscatolati.

Nonostante il BPA venga rapidamente metabolizzato, per disattivarne l’attività estrogenica, si è dimostrato che anche a piccole dosi può essere un potente “interferente endocrino”. Esso agisce sia con meccanismi genetici (espressione genica) che con meccanismi ormonali attraverso i recettori estrogenici dell’organismo umano, in ogni caso l’esposizione a BPA è stata associata a:

  • Disordini cardiovascolari
  • Diabete
  • Sovrappeso/obesità
  • Disordini riproduttivi sia maschili che femminili
  • Alcuni tumori (mammella e prostata)
  • Neurotossicità

Gli organismi in rapida crescita sono, ovviamente, i più suscettibili alle conseguenze degli interferenti endocrini, per cui feto, prima infanzia, bambini ed adolescenti rappresentano una popolazione a rischio di esposizione del BPA e degli altri interferenti. Per quanto riguarda il BPA ricordiamo che per ragioni fisiologiche le donne durante la gravidanza hanno una capacità ridotta di disattivare gli estrogeni e quindi anche il BPA.

FTALATI

Sono delle sostanze studiate per ammorbidire la plastica che in tal modo diventa flessibile e modellabile.

Sono riconosciute come sostanze tossiche ed il loro uso è rigidamente controllato, ad esempio nei prodotti destinati all’infanzia (esempio: i giocattoli) non si può superare la concentrazione dello 0,1%. Per quanto riguarda l’esposizione questa risiede nel fatto che normalmente i giocattoli ed altri articoli, vengono succhiati e mordicchiati anche per periodi prolungati. Sotto osservazione ci sono anche articoli usuali di cancelleria che sono fonte di rilascio di ftalati in chi li maneggia: gomme per cancellare, pennarelli, plastiline. Gli ftalati sono poco solubili in acqua, ma si sciolgono bene in ambiente oleoso, uno ftalato (DEHP ftalato di bis(2-etilesile) è il plastificante più utilizzato nella preparazione di PVC.

I rischi maggiori dell’esposizione agli ftalati è a carico di disordini riproduttivi, nel maschio sembrerebbe che la qualità del liquido seminale in soggetti esposti sia tendente all’anormalità, inoltre l’esposizione in utero porterebbe a disregolazione della funzione tiroidea e sono stati ipotizzati e sono in fase di studio disordini neurologici classificabili nello spettro dell’autismo (Studio CHARGE 2015).

PARABENI

parabeni (metilparabeni, propilparabeni, etilparabeni, benzilparabeni) sono gli esteri dell’acido para-idrossibenzoico e sono usati come conservanti, dal momento che sono sostanze che rallentano la proliferazione batterica. Trovano larghissimo uso nei prodotti cosmetici e della cura della persona, creme, ciprie, fondotinta, shampoo, schiume da barba, deodoranti, saponi e dentifrici sono solo alcuni esempi di prodotti che possono contenere parabeni. Inoltre i parabeni vengono molto utilizzati in ambiente farmaceutico per la preparazione di medicinali. Gli studi sull’uomo sono stati scarsamente risolutivi circa la relazione diretta dei danni da esposizione a parabeni, tuttavia negli animali è stata ampiamente dimostrata un’attività simil-estrogenica e come tali sono sospettati di contribuire allo sviluppo di alcuni tumori, soprattutto femminili.

Il loro utilizzo è regolamentato da disposizioni Europee che descrivono le concentrazioni permesse per ciascun tipo di parabene, tuttavia è utile richiamare l’attenzione sull’effetto accumulo, ossia se il deodorante contiene concentrazioni permesse di parabene ma questo viene usato quotidianamente per lungo tempo, si corre il rischio di immagazzinare l’interferente endocrino fino a concentrazioni pericolose.

Ricordiamo che concentrazioni inusuali di parabeni sono stati dimostrati nei tessuti degli orsi polari e nei cetacei, il che significa che l’inquinamento da queste sostanze è significativo.

Alcune considerazioni

I dannosi effetti degli interferenti endocrini sull’organismo umano relativamente allo sviluppo, alla riproduzione, alla crescita, al metabolismo, all’obesità, sono un problema certo per la salute in generale. Alcuni meccanismi d’azione devono essere ancora chiariti e soprattutto rimangono ancora alcune zone d’ombra dovuti ad una relazione non lineare dose/effetto, alla scarsa conoscenza degli effetti sinergici (esposizione a cocktail di interferenti) e di accumulo, alla finestra di latenza dei danni, alla ereditarietà dei danni, solo per citare alcuni aspetti su cui le ricerche si devono concentrare e dare risposte.

Risoluzione del Parlamento europeo del 18 aprile 2019 su un quadro completo dell’Unione europea in materia di interferenti endocrini (2019/2683(RSP)

…considerando che la relazione dell’UNEP/OMS del 2012 definisce gli interferenti endocrini come una minaccia a livello globale e fa riferimento, tra l’altro, all’alta incidenza e alla tendenza all’aumento di numerose malattie del sistema endocrino negli esseri umani, rilevando altresì effetti per il sistema endocrino in popolazioni di animali selvatici;

…considerando che, secondo tale relazione, nuovi elementi dimostrano gli effetti nocivi sulla riproduzione (infertilità, tumori, malformazioni) derivanti dall’esposizione agli interferenti endocrini e vi sono inoltre sempre più prove a conferma degli effetti di tali sostanze chimiche sulla funzione tiroidea, sulla funzione cerebrale, sull’obesità e sul metabolismo nonché sull’omeostasi di insulina e glucosio.

Forse è tempo di correre ai ripari?

BIBLIOGRAFIA

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Redazione Benvita
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