esami in gravidanza

Ecografie e test del DNA fetale: quali esami in gravidanza

Incontriamo oggi il dottor Davide Colombo, ginecologo presso il Centro Medico Benvita, per una chiacchierata sugli esami da fare durante la gravidanza.

Buongiorno dottor Colombo, quali sono gli esami a cui si deve sottoporre una donna incinta?

Sono diversi e di vario tipo. Si comincia con l’ecografia che stabilisce la datazione del feto e che si fa tra l’8ª e l’11ª settimana; poi ci sono le ecografie pre-morfologiche, tra la 14ª e la 16ª settimana; la classica morfologica, tra la 19ª e la 21ª settimana; infine l’accrescimento, tra la 32ª e 34ª settimana.

Quali sono le caratteristiche delle diverse ecografie?

Nella prima, quella per ricavare la datazione del feto, si esplora per sentire se c’è il battito e se va tutto bene in generale. La pre-morfologica aiuta ad anticipare di molto il controllo del bambino, mentre con la morfologica abbiamo, millimetro dopo millimetro, la misurazione di tutto: testa, cuore, ventricoli. È più una morfobiometrica.

Che cos’è la diagnosi prenatale?

È un altro tipo di esame che viene effettuato tra la 10ª e la 14ª settimana attraverso un normalissimo prelievo di sangue che mira all’analisi del DNA. In questo modo si riesce ad arrivare in maniera più tempestiva alla conoscenza di tutta una serie di eventuali problematiche che potrebbero interessare il feto.

In che senso, scusi?

Nel senso che si possono evidenziare eventuali patologie prima di arrivare alla morfologica delle 20 settimane. Se la morfologica è patologica, ciò comporta comunque un parto, visto che l’aborto terapeutico è da considerarsi come tale. La diagnosi prenatale, più è precoce, meglio è sia per la paziente, sia per il bambino.

Come si colloca la diagnosi prenatale rispetto all’amniocentesi?

È sicuramente preferibile, sebbene raggiunga il 99,7% di predittività rispetto al 100% dell’amniocentesi. Ma con un’invasività decisamente inferiore. Pensi che stiamo parlando di un prelievo di sangue dal braccio che, dopo tre giorni, è in grado di comunicare l’eventuale presenza di sindromi come quella di Down o di Edwards. Col test del DNA fetale, inoltre, grazie alla sua precocità si può procedere anche con un’interruzione volontaria della gravidanza, senza ricorrere all’aborto terapeutico. È un test che ha un costo e che prevede, investendo un po’ più di denaro, la possibilità di rintracciare le 40 sindromi più rare al mondo.

Quanto è frequente l’aborto spontaneo?

L’abortività riguarda il 20% delle gravidanze. Un dato molto alto.

Perché andando avanti con l’età le gravidanze sono più a rischio?

Perché la qualità delle uova è meno buona e quindi i difetti genetici possono essere maggiori. Per questo motivo la diagnosi prenatale, sopra i 35 anni, è un po’ tassativa.

Avere la possibilità di conoscere, attraverso il test del DNA fetale, così tanto del nascituro, non rischia di generare scenari preoccupanti?

In effetti, la paura riguarda il timore che la conoscenza in maniera così diffusa delle eventuali alterazioni dei feti porterebbe ad una maggiore richiesta di interruzioni di gravidanza.

Immagino che questa sua considerazione possa generare una serie di ripercussioni a cascata enormi…

Sì, ma se la consulenza è consapevole e fatta da persone di qualità, allora si possono guidare i genitori verso decisioni non affrettate. Ad esempio, vi sono bambini che hanno avuto la sindrome di Kinefelter che li caratterizza come alti, biondi, con gli occhi azzurri, bellissimi, ma con problemi ai genitali. Questi bambini, trattati appena nati, a 20 anni sono alti, belli, biondi e con genitali normalissimi. Non bisogna fermarsi a dire “se è positivo interrompiamo la gravidanza”, ma bisogna avere uno sguardo più lungimirante

Possiamo affermare che il ruolo del medico è fondamentale anche in questa fase?

Sì, stiamo parlando di un genetista vero e proprio, che esamina il test, parla con la donna e fa capire, tranquillizza e rende consapevole.

Da Benvita che cosa facciamo?

Tutte le ecografie: datazione, morfologica, accrescimento; e facciamo pure il test del DNA, che è un nostro fiore all’occhiello perché molti di questi test sono fatti con stoccaggio in Italia e analisi negli Stati Uniti. Da Benvita, invece, è mandato a Milano dove viene analizzato in tempi molto brevi.

In quel 20% di casi in cui il feto si perde, è previsto un percorso di sostegno di tipo psicologico o le pazienti sono lasciate sole ad affrontare una situazione così devastante?

Purtroppo è demandato tutto al buon cuore, alla saggezza e all’umanità del medico curante. Ci vorrebbe un supporto psicologico anche per far capire quanto sia normale che si possa perdere un bambino, quando le percentuali di aborti spontanei, ricordiamolo, sono del 20-30%. Anche perché a fronte di un aborto è possibile comunque sostenere una gravidanza successivamente. Un aiuto psicologico, secondo me, sarebbe fondamentale in particolare sulle poliabortività e su chi non riesce ad avere gravidanze.

Ringraziamo il dottor Colombo e ricordiamo che a questo link è possibile contattare gli specialisiti del Centro Medico Benvita.

Redazione Benvita
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