anoressia nervosa

Che cos’è
l’anoressia nervosa

Insieme alla dottoressa Maria Silvia Bottani, psichiatra presso il Centro Medico Benvita, affrontiamo uno dei disturbi alimentari più diffusi: l’anoressia.

Buongiorno dottoressa Bottani, quando parliamo di disturbi alimentari ci riferiamo ad anoressia e bulimia o ne esistono anche altri?

I principali disturbi alimentari sono sicuramente l’anoressia e la bulimia. Ci sono poi altri disturbi alimentari che vederemo in seguito.

Ci spiega che cos’è l’anoressia?

L’anoressia nervosa è una restrizione dell’assunzione calorica rispetto alla necessità, al peso corporeo, al sesso e alla salute fisica dell’individuo. L’aspetto principale dell’anoressia nervosa è che il timore di diventare grassi e aumentare di peso si basa su una distorsione dell’immagine corporea che non rispecchia la realtà. Per questo l’anoressia nervosa può essere considerata una psicosi, perché la distorsione è associata ad una ferrea convinzione di essere grassi, cosa non realistica. Siamo quindi in un campo al di fuori della realtà.

Quindi la distorsione aumenta il disturbo?

La distorsione alimenta certamente il disturbo e dà una dimensione psicotica ad esso, quindi una dimensione molto primitiva rispetto ad una normale nevrosi.

L’anoressia si manifesta sempre nello stesso modo?

In realtà l’anoressia nervosa può prevedere due sottogruppi: con restrizioni e con abbuffate e condotte di eliminazione. La prima non presenta grandi episodi di abbuffate o condotte di eliminazione (tipo il vomito autoindotto) e cerca la diminuzione del peso attraverso la dieta, il digiuno, oppure una frenetica attività fisica. La seconda, invece, fa seguire agli episodi di abbuffate il vomito autoindotto e l’uso inappropriato di lassativi o diuretici. La gravità del disturbo è identificata in lieve, moderata o estrema in base all’indice di massa corporea.

Qual è l’identikit della persona anoressica?

Parliamo solitamente di ragazze, nell’85% dei casi tra i 13 e i 20 anni, sebbene negli ultimi anni, poiché le ragazze tendono a svilupparsi sempre prima, si riscontrano sempre più episodi anche prima dei 13 anni. Sono in aumento anche gli episodi anoressici nei maschi. Si tratta di persone provenienti da famiglie di un livello culturale medio-alto, generalmente molto carine, sportive, molto brave a scuola e molto brave in cucina, a cucinare per gli altri. Cercano di essere “molto” in tutto ciò che fanno e sono perfette in tutto ciò che fanno: sono pertanto alla costante di ricerca di un modello di perfezione di fatto irraggiungibile.

Perché si diventa anoressici? Quali sono le cause che portano a vivere questa patologia?

Le cause che in generale possono portare ad un disturbo alimentare e, in particolare, sfociare nell’anoressia nervosa, si rifanno ad un modello bio-psico-sociale multifattoriale, ovvero che tiene conto di fattori biologici, genetici, psicologici e fattori di tipo sociale. Dagli studi di genetica non abbiamo avuto nessun risultato perché non c’è concordanza neppure tra i gemelli omozigoti separati, cioè separando i gemelli uno può sviluppare l’anoressia e l’altro no. Gli aspetti abbastanza singolari sono quello psicologico e quello sociale, sicuramente i due fattori principali che influenzano poi l’insorgere di un’anoressia.

anoressia nervosa

Che cosa determinano questi due aspetti, psicologico e sociale? Partiamo dal modello psicologico.

Il modello psicologico è caratterizzato da una forte aggressività. Potremmo dire che l’anoressia è un “mistero antropologico”, perché, in fondo, è una sorta di autoeutanasia, un lento suicidio. Il suicidio è un evento imprevedibile e cortocircuitale, mentre l’anoressia è un lento suicidio, con un’aggressività rivolta all’interno del sistema familiare e che non viene esternata. Alla base della sofferenza psicologica di queste ragazze c’è il “neglect affettivo” a livello familiare, ovvero una trascuratezza affettiva da parte dei genitori nei loro confronti. Sono solitamente famiglie molto assenti, o per lavoro o perché impegnati in altre attività. Talvolta capita che, in famiglie molto benestanti, i genitori si occupino di altre attività, ma non dei figli. La madre è una figura in genere abbastanza fredda, anaffettiva. I padri sono solitamente molto deleganti e sempre molto impegnati nel lavoro e assenti dalla vita familiare.

E il modello sociale?

Il modello sociale fa riferimento al modello mediatico: bello per sempre; possibilmente tatuato così mi rendo visibile altrimenti nessuno mi vede; una socialità numerica fatta di messaggi, di like e di poco contatto. Insomma, molta immagine e basta. Un mondo che, sostanzialmente, ha l’obiettivo di contrastare la morte.

Quali sono le conseguenze per chi soffre di questa patologia?

Le conseguenze sono tantissime: erosioni dentali, alterazioni degli elettroliti, alterazioni ormonali. Queste ultime portano ad un’osteoporosi precoce e all’amenorrea, l’assenza del ciclo mestruale. Si deve quindi agire attraverso la somministrazione di calcio, di ormoni sessuali e con terapie fisiche riabilitative. Nel 25% dei casi l’anoressia si cronicizza e i soggetti (per lo più donne, come abbiamo visto) rimangono profondamente antisociali, psicotiche, molto ritirate. Non si sposano e spesso sviluppano tendenze omosessuali. Nel 40-50% dei casi c’è invece il recupero di un peso normale, quindi una ripresa fisica, ma la paziente resta sempre molto penalizzata da un punto di vista sociale.

Ci sono ricadute?

Se le cure funzionano e si trovano dei buoni terapeuti, non è detto che ci siano. Bisogna però tener conto del fatto che le fonti di stress, nella vita di tutti i giorni, sono molte e su un’anoressica lo stress influisce molto per una ricaduta.

Come si cura l’anoressia?

Nei casi gravi ci deve essere innanzitutto un ricovero per recuperare il peso. Quando il peso è recuperato, la terapia da seguire deve essere multidimensionale: farmaci, nutrizionista, psicoterapeuta. Si deve affrontare un percorso psicologico che si dipana su due fronti: terapia individuale e familiare. Le due terapie devono viaggiare a braccetto, non possono essere disgiunte se si vuole ottenere un risultato positivo per la paziente. La figura del terapeuta è molto importante, perché deve essere una persona molto stabile poiché le pazienti anoressiche sono molto sfidanti con la morte, per cui, se il terapeuta non è più che saldo, se ne accorgono e lo manipolano, lo ricattano. E se il terapeuta non è bravo e stabile, ad un certo punto abbandona la paziente provocando danni enormi. L’aspetto fondamentale è che se si vuole curare un’anoressica, ma si lascia inalterato il contesto in cui vive, non si ottiene niente.

L’anoressia può attivare altri disturbi psichiatrici?

No. Può però esacerbare quelli già preesistenti.

Ringraziamo la dottoressa Bottani, ricordando che, cliccando su questo link, è possibile prenotare un consulto ambulatoriale con lei presso il Centro Medico Benvita.

Redazione Benvita
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